LA DEA ANGIZIA E LA FESTA DEI SERPARI A COCULLO
IL CULTO DI ANGIZIA
Angizia era una divinità italica adorata
dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri,
associata soprattutto al culto dei serpenti. Questo attributo la rivela
senza dubbi alla Dea Madre, o alla Dea Terra, o alla Dea Natura che dir si
voglia, perchè in qualsiasi parte del mondo il serpente è stato il simbolo
della Dea Madre.
La Dea serpente era adorata in ogni luogo della Terra, dalla Dea Uadjet egizia,
con testa di donna e corpo di serpente (o viceversa ma più raro), alla Dea
cretese Britomarti che agitava con le braccia alzate i due serpenti, ad Atena
Atena che nel Museo Nazionale d’Atene, spalanca col braccio alzato il suo manto
di serpi.
La Dea Angizia ebbe grande culto in vaste zone
dell'Italia Centro Meridionale e la tradizione di cerimonie che si svolgono a
metà primavera in diverse contrade rimandano un rito propiziatorio della
fertilità.
ANGIZIA DEA LIBANESE DEI |
Le antiche sacerdotesse sapevano ricavare medicine
sia dalle erbe che dal veleno dei serpenti, pertanto la Dea fu pure Dea
Medica.
Da non sottovalutare che la Dea, come praticamente
tutte le antiche Dee era maga, pertanto incline non solo alle guarigioni ma
anche ai miracoli.
Chiamata in latino Angitia o Angita, da anguis,
serpente, Angitia fra i Marsi, Anagtia presso i Sanniti, in Aesernia le veniva
riservato l'appellativo di divina; Anaceta o Anceta nella peligna Corfinio.
Ella aveva culto fra le donne ed era invocata con
l'attributo di Keria, dal sumero kur (terra), accadico kerû (terra coltivata,
orto) e il latino Cerere il cui culto in Roma era abbinato a quello della
Terra.
Talvolta venne associata alla divinità iranica Anahita o Anchita, compagna di
Mitra, nome sumero del sole, e alla Dea assira Ištar, anch'essa dea della
fecondità. Dai Romani veniva talvolta associata alla Bona Dea.
I tradizionali pellegrinaggi di devoti che dai paesi della conca del Fucino si
recano, la prima domenica di maggio, al santuario della Madonna della Libera a
Pratola Peligna, poco distante da Corfinio; a Cocullo, il primo giovedì dello
stesso mese.
La singolare cerimonia che si svolge a Luco dei Marsi il giorno di Pentecoste
che prevede, indizio rivelatore, l'imprescindibile presenza degli zampognari
con sosta presso i ruderi del tempio di Angizia; le ricorrenze religiose, con
pratiche all'aperto, in altri luoghi vicini, richiamano il culto della divinità
italica della fecondità.
GLI SCAVI NELLA MARSICA
Rinvenute nel santuario della Dea Angizia a Luco dei Marsi, durante la campagna
di scavo del 2004, le tre statue sono state denominate le “dee del bosco di
Angizia”, nei luoghi sacri in cui i Marsi invocavano gli dei, tratta da AA.VV.,
Meraviglie sconosciute d'Abruzzo, vol. VI, Carsa edizioni, Pescara 2006, p.55.
STATUA ACEFALA IN TERRACOTTA |
La statua rinvenuta, realizzata in terracotta,
rappresenta la Dea seduta sul trono, sicuramente opera di un artigiano greco,
dato lo splendore dell'esecuzione.
Scoperte nell’estate del 2003 a Luco dei Marsi, insieme ad alcuni oggetti
offerti alle divinità, le statue che raffigurano la Dea Angizia diventano
protagoniste della mostra allestita dalla Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Abruzzo presso la sezione archeologica del Castello
Piccolomini di Celano (Aq).
Dopo gli allestimenti espositivi ai Musei Capitolini e al Colosseo a Roma, i
reperti rientrano per un omaggio d’obbligo all’Abruzzo, che conserva e
restituisce ancora moltissime testimonianze di un passato articolato e aperto
all’esterno.
La statua in terracotta che ritrae la divinità seduta
in trono rappresenta un caso singolare nel panorama archeologico abruzzese:
un’opera eccezionalmente raffinata, datata tra III e II sec. a.c.
Da notare la raffinatezza del trono con le zampe da leone e le teste di Medusa
(cosa che ha fatto supporre una sorellanza mitologica con la Dea). Purtroppo
anche essa, come la maggior parte delle divinità pagane, è stata oggetto di
persecuzione e vandalismo.
FESTA DEI SERPARI
A sottolineare che Angizia fosse una Dea Grande Madre è il simbolo del serpente
rimasto nel folclore popolare. Tutte le grandi Madri della terra avevano come
simbolo sacro il serpente, e a Cocullo, una cittadina abruzzese a 870 m sul
livello del mare, sulle montagne della Marsica e del monte Pelino, si svolge
tutt'oggi un'antica cerimonia "La Festa dei Serpari".
La popolazione del paese, circa 300 abitanti, in questo giorno va a caccia di
serpenti in onore del loro santo Domenico di Foligno protettore di coloro che
vengono morsi dai serpenti, nella festa che si celebra ogni primo di Maggio.
I RESTI DEL SANTUARIO |
Il rituale preromano si rifà infatti alla Dea Angizia (Angitia) venerata dagli
antichi abitanti del Fucino, i Marsi e i Peligni. Nell'area dei Marsi
infatti emergono i resti del santuario dedicato alla Dea del fuoco e dei
serpenti
I serpenti vengono catturati (con poca pietà e poco rispetto) all'inizio
dell'estate, vengono posti in cesti di vimini e poi allevati fino al giorno
della festa.
I pellegrini vengono per la festa di San Domenico da Molise, Lazio e
Campania, e durante la processione che segue, accompagnata da inni e canti, la
statua del santo, i serpenti vengono liberati e posti sulla statua, ben attenti
che essi non coprano il volto del santo.
Se malgrado le accortezze il viso di san Domenico
viene coperto dai serpenti, questo sarà un segno infausto, un cattivo
"omen".
Se poi durante il trasporto uno o più serpenti cadono
a terra la tradizione fa anche di questo un cattivo auspicio, perchè si avrà un
raccolto povero.
Se invece i serpenti restano sul capo del santo il
raccolto sarà prosperoso.
Poi i fedeli tornano in chiesa con tutta la
processione e sfilando lentamente dietro l'altare, ognuno dei fedeli raccoglie
una manciata di terra (che si presume benedetta) per portarla nella propria
casa, perchè sembra che quel terriccio salverà gli abitanti della casa dal
morso dei serpenti per tutto l'anno.
In quanto ai poveri serpenti, fino a pochi anni fa
c'era la crudele usanza di ucciderli nella piazza davanti la chiesa, ora invece
vengono riportati nelle campagne da cui furono sottratti. A volte purtroppo li
vendono ad alcuni turisti.
A noi sembra crudele anche questa temporanea
sottrazione, così come il venderli ai turisti, pensando al terrore degli
animali chiusi e stipati per giorni e giorni e poi maneggiati come non fossero
creature senzienti. Il rispetto di Madre Natura ovvero della Dea Angizia
dovrebbe suggerire anche il rispetto degli animali.
LUCO DEI MARSI
Qui si tramanda l’antica leggenda di un gigantesco
serpente, che alcuni avrebbero scorto tra la chiesa di Santa Maria, sorta sopra
l'antico tempio dedicato alla Dea Angizia, e il cimitero del paese. Le
apparizioni avverrebbero ogni cinque/dieci anni circa. Secondo la tradizione il
serpente sarebbe il guardiano del “tesoro della Dea”.
L'anziano sacrestano di Don Nicola Ansini, ex parroco di Luco dei Marsi, tra il
1930 e il 1935 narrò di aver visto nei pressi della chiesa “un grosso trave”
ostruirgli la strada, si avvicinò per spostarlo e il trave si dileguò,
rivelandosi in realtà un enorme serpente. Don Nicola, recandosi sul posto,
trovò una traccia tortuosa larga circa trenta centimetri sulla strada
polverosa.
Un autista della corriera Avezzano-Luco, narrò di aver dovuto frenare
bruscamente per la presenza di un “grosso trave” che ostruiva la carreggiata,
sempre nei pressi del cimitero di Luco dei Marsi. Gli avvistamenti di questo
enorme rettile si sono susseguiti ogni 5/10 anni, sempre da persone che frequentavano
la stessa zona, come ex guardiani del cimitero o addetti delle pompe funebri.
Le descrizioni coincidevano: il serpente era lungo tra i 7 e i 10 metri, con
una testa gigantesca con occhi grandi e lucenti.
Ciò che lascia perplessi è la denominazione di trave, è vero che certi travi
antichi erano tondi ma stando su una strada come mai non veniva da pensare a un
lungo tronco, possibilmente di un albero caduto, anzichè di un trave da
costruzione?
LUCUS ANGITIAE
Conosciuto più semplicemente come Angizia dal nome della Dea sorella della
maga Circe, è un sito archeologico presso la sponda meridionale
della Conca del Fucino, vicino a Luco dei
Marsi in provincia dell'Aquila.
Sembra che gli abitanti (o almeno le sacerdotesse) sapessero preparare antidoti
contro i veleni di serpenti.
In età preromana il sito era occupato, come l'intero Fucino,
dal popolo italico dei Marsi, per i quali costituiva
un bosco sacro dedicato alla Dea. Secondo alcuni autori vi si
praticava la ierodulia, cioè la prostituzione sacra nel santuario.
Nell’antichità si diceva che Angizia “con la sua
magia fosse capace di far scendere la luna dal cielo e le sue irresistibili
nenie fermassero i fiumi e incantassero i serpenti placandone l’ira”. E sempre
la dea Angizia salvò l’antica città di Anxa da un’apocalittica invasione di
rettili, così numerosi e aggressivi che gli abitanti dovettero lasciare per
svariate settimane le loro abitazioni.
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